Oggi possiamo dire di aver raggiunto la parità di genere?

Alice Morreale, Studentessa Prime Minister Favara

La risposta è no, anche se sicuramente rispetto al passato la situazione è migliorata. Stando alle statistiche del Global Gender Gap Report 2020, solo il 12% dei professionisti è rappresentato da donne. In Italia, la differenza salariale tra uomini e donne, a parità di livello e di mansioni, nel 2019 ha registrato un calo dall’8,8% al 7,4%. Siamo tra i peggiori in Europa. Più le donne hanno un livello di studio alto, più il divario aumenta. Un ragazzo laureato guadagnerà il 32,6% in più di un diplomato, mentre una ragazza laureata solo il 14,3% in più.

L’Italia, del resto, è al 76esimo posto – in una classifica di 153 Paesi – per quello che riguarda la disparità di genere. Una notizia che non ci fa per niente onore e che ci fa comprendere quanto la strada da percorrere verso l’uguaglianza di genere sia ancora molto lunga e irta di ostacoli.

La situazione peggiora quando si hanno figli. Non si dice, ma sono molte le persone che pensano che una donna non possa essere una buona madre continuando a lavorare e viceversa. Purtroppo ancora molti sono i casi di datori di lavoro che fanno firmare fogli di pre-licenziamento nel caso in cui subentri una gravidanza. La donna è ancora vista come ingombrante nel momento in cui diventa madre.

Ancora una volta, per capire meglio il presente bisogna dare uno sguardo al passato. Per esempio, prendiamo in esame l’Iliade: Briseide fu vittima della contesa di due uomini, non per amore, ma perché essa stessa veniva considerata come gheras, ovvero come un bottino di guerra. Quindi, viene presa in considerazione come un oggetto. La diminuzione del bottino di guerra equivale, di fatto, a una diminuzione del prestigio sociale dell’uomo e il tutto avviene in una società dove vigeva “il culto della vergogna”.

Prestiamo attenzione anche al mondo dell’antica Roma. I giuristi latini giustificavano le limitazioni alla capacità giuridica delle donne romane attribuendo ad esse qualità negative come l’ignorantia iuris (ignoranza della legge), imbecillitas mentis (deficienza mentale), infirmitas sexus (passività o infermità sessuale), levitatem animi (leggerezza d’animo). Eva Cantarella afferma che, a differenza delle donne greche, la cui emancipazione rimase essenzialmente immutata fino all’ellenismo, la condizione delle donne romane subì, nel corso dei secoli, cambiamenti assai profondi. Infatti, partendo da una totale mancanza di autonomia, all’età di Augusto raggiunsero un buon grado di emancipazione e, secondo l’autrice, la causa del mutamento della condizione femminile fu il succedersi quasi ininterrotto di due secoli di guerre. L’espansione di Roma determinò la decimazione della popolazione maschile e un numero sempre maggiore di donne, persi in guerra i padri e i mariti, si trovò a essere indipendente anche nella gestione degli affari e del patrimonio familiare.

Probabilmente siamo reduci da una società molto maschilista. Ad esempio perché studiamo per lo più scrittori e non scrittrici, pittori e non pittrici? La donna sicuramente non era presa in grande considerazione in passato, essendo votata solo alla cura della casa e all’accudimento dei figli.

È vero, gli Stilnovisti nel 1300 dedicavano le loro lodi alla cosiddetta donna angelo, oggetto d’amore e desiderio del poeta, ma cosa avrebbe detto la Beatrice di Dante se avesse potuto prender parola (non volendo ovviamente mettere in dubbio la genialità dello scrittore)? Di questo ce ne parla Stefano Benni nel suo libro “Le Beatrici”.

Oggi, le discriminazioni che la donna ha subito e continua a subire oggi sono molte. Perché una donna deve avere paura di rincasare o di prendere la metro sola la notte? Perché una donna deve condizionare il suo abbigliamento per paura di ricevere fischi e commenti indesiderati? Perché esistono molte più parole offensive (parolacce) per una donna e non un uomo?

Non è facile raggiungere la parità di genere. Così come non è stato facile per le donne che sono venute prima di noi conquistare quei diritti che oggi diamo per scontati e che è fondamentale continuare a difendere, continuando la battaglia per le pari opportunità.

Tutto dipende da noi futuri genitori. Per esempio essere rigidi con le femmine e tolleranti con i maschi può facilmente portare il maschio a credersi superiore alla femmina; essere rigidi nei propri ruoli genitori (la moglie, soltanto casalinga ed il marito che in casa si trova come un pesce fuor d’acqua) è un messaggio deleterio per i figli. Un altro esempio: quando si dice al maschietto “non piangere, non sei mica una femminuccia”, significa generare in lui l’idea che la forza sia una caratteristica maschile, mentre la debolezza una nota femminile o, peggio ancora, che la forza consista nella repressione dei sentimenti.

Il recupero della verità sulla parità dei sessi va fatto su due fronti paralleli: in famiglia, mediante un’opera educativa basata sul piano di rispetto dei coniugi fra di loro; e nella società, attraverso una coraggiosa promozione culturale che miri al convincimento profondo dell’uguaglianza tra maschi e femmine, persone con analoghi valori umani.