PIANO NAZIONALE PER LA FAMIGLIA 2025 – 2027. INNOVAZIONE ED OPPORTUNITA’ AL CENTRO DEL WELFARE FAMILIARE 

Articolo di Achiropita Curti, Coordinatrice Task Force Legal Italia Centrale Global Thinking Foundation

Il Piano nazionale per la famiglia 2025–2027, adottato dalla Presidenza del Consiglio – Dipartimento per le Politiche della Famiglia, segna una svolta di notevole interesse e di rilevanti opportunità nelle politiche familiari italiane.

Più che un semplice aggiornamento normativo, rispetto al Piano 2022, nel definire priorità, obiettivi e azioni, si presenta come un documento programmatico innovativo, sotto vari punti di vista, capace di ridisegnare il rapporto tra istituzioni, famiglie e comunità.

La finalità è costruire un sistema di welfare familiare, che vada oltre l’erogazione di aiuti o prestazioni, mettendo al “centro” la famiglia, non solo quale destinataria degli interventi, ma come soggetto attivo e risorsa fondamentale per la coesione sociale, lo sviluppo educativo e il benessere diffuso e collettivo.

Il Piano propone un nuovo modello partecipativo, con il coinvolgimento di istituzioni nazionali, enti territoriali, comunità locali, mondo del lavoro e dell’impresa, terzo settore.

L’obiettivo è superare la frammentazione dei servizi, costruendo un sistema integrato capace di rispondere in modo realmente efficace alle esigenze reali delle famiglie.

Si sviluppa attraverso 14 azioni strategiche, frutto del lavoro del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia e del Dipartimento per le Politiche della Famiglia, elaborate in circa due anni di confronto con l’Assemblea dell’Osservatorio medesimo, per essere attuabili con le risorse già disponibili e a normativa vigente, in modo da garantire concretezza e tempestività, avendo come orizzonte temporale il triennio 2025-2027.

Nell’ottica di una maggiore incisività, il Piano privilegia un approccio territoriale, superando la logica dell’intervento centralizzato a favore di una governance locale e partecipata, introducendo al contempo, rispetto al passato, un cambiamento di paradigma nelle politiche familiari, in modo da distinguere le politiche per il benessere e quelle socio- assistenziali.

La parola chiave è coprogettazione, per cui le azioni e gli obiettivi vengono pensati ed attuati insieme agli attori del territorio, con un’attenzione particolare alla capacità di sperimentare modelli e soluzioni di intervento nuovi ed adattabili ai contesti locali, incentivando le specificità e i contributi di ciascuno soggetto e le pratiche già in essere.

Fulcro operativo del Piano sono i Centri per la famiglia, ideati e realizzati come hub territoriali e multifunzionali, in grado di attivare e rendere accessibili servizi e risorse, con l’obiettivo anche di intercettare i bisogni della famiglia, così da favorire un’azione coordinata tra i vari attori coinvolti.

Luoghi dove orientamento, supporto quotidiano alla famiglia, ascolto e progettazione si integrano, dando vita ad un sostegno tangibile e condiviso.

L’intervento dei Centri per la famiglia si inserisce, quindi, in una logica di rete, fondata sul principio di sussidiarietà, declinato sia in senso verticale, con il coinvolgimento dei territori, sia in senso orizzontale, promuovendo la collaborazione tra tutti gli attori istituzionali e sociali, pubblici e privati, compreso il terzo settore, con l’intento di valorizzare competenze, contributi ed esperienze virtuose di ogni soggetto.

Il Piano attribuisce priorità al sostegno della natalità, paternità e genitorialità e della conciliazione tra vita privata e professionale, mediante l’introduzione di figure dedicate nei primi mille giorni di vita del bambino (fin dall’inizio della gravidanza), il potenziamento del welfare aziendale integrato, la promozione di strumenti innovativi di cura, sempre nel quadro della conciliazione vita-lavoro (con un riferimento esplicito al rientro dal congedo di maternità o parentale) in favore delle famiglie, e così via.

Particolare rilievo è riservato all’analisi dei comportamenti della Generazione Z, per comprendere meglio le dinamiche sociali e culturali che influenzano le scelte familiari e orientare così le politiche e gli interventi, al fine di sostenere concretamente la crescita demografica.

È inoltre prevista l’adozione di un approccio sistematico alla valutazione e al monitoraggio delle misure vigenti, come assegno unico e universale per i figli a carico, il bonus asilo nido, i congedi obbligatori e quelli parentali, con l’obiettivo per di più di migliorarne l’efficacia e garantire una gestione più trasparente e mirata delle risorse pubbliche.

Tutte le azioni del Piano si sviluppano all’interno della “Rete dei Comuni per la famiglia”, con l’obiettivo di valorizzare il ruolo dei Comuni nella costruzione di comunità inclusive, sostenibili e a

misura di famiglia, in quanto le reti locali e territoriali di collaborazione, unitamente alla condivisione di buone pratiche, costituiscono leve fondamentali per migliorare la qualità della vita quotidiana delle famiglie.

Il Piano segna, dunque, un’evoluzione del modello classico di intervento, concependo i servizi come investimenti, nel superamento della logica assistenziale, così da promuovere il benessere familiare, attraverso il coinvolgimento delle stesse famiglie e tenendo conto del sostegno all’invecchiamento attivo, per agevolare lo scambio intergenerazionale e l’inclusione delle persone con fragilità.

In questo scenario, il terzo settore – costituito da associazioni, fondazioni, reti civiche, ecc. – svolge un ruolo chiave e strategico, non solo nella coprogettazione delle politiche, ma anche nella operatività dei servizi, mettendo a disposizione competenze, figure professionali, strumenti, risorse, esperienza, in sinergia con il sistema pubblico e privato, nel rafforzamento della coesione sociale, concorrendo a costruire comunità solidali e capaci di rispondere in modo flessibile e tempestivo ai bisogni della famiglia.

In tale ottica, il contributo del terzo settore risulta determinante, non solo nel lavoro di prossimità con le famiglie in difficoltà, ma anche in chiave di prevenzione rispetto all’informazione e formazione delle stesse famiglie sugli strumenti e mezzi di tutela a loro beneficio.

Terzo settore, dunque, concepito come partner strategico, sia nella fase di ideazione che in quella di realizzazione delle politiche familiari territoriali, per attuare servizi integrati, processi di ascolto e coinvolgimento delle famiglie, specialmente, quelle più vulnerabili, e per diffondere buone pratiche di sussidiarietà, soprattutto, su questioni e realtà di grande attualità.

Fondamentale, è l’apporto che il terzo settore può dare, a titolo esemplificativo, in tema di educazione digitale ed educazione economica e finanziaria, per una maggiore efficacia del welfare familiare e per affrontare le sfide della complessità sociale contemporanea.

L’alfabetizzazione digitale, svolta da operatori adeguatamente formati, è indispensabile per consentire alle famiglie un accesso informato a strumenti bancari, piattaforme di pagamento e servizi di consulenza online, così da prevenire abusi, truffe, ludopatie online.

Allo stesso modo, l’educazione economica e finanziaria, per una gestione responsabile del denaro, consente di prevenire situazioni di abuso e di violenza economica, soprattutto, di genere, oltre che di sovraindebitamento, in particolare, in contesti familiari fragili, e contribuisce a rafforzare l’autonomia personale, soprattutto, delle donne, dei giovani e dei soggetti vulnerabili.

Promuovere la consapevolezza, ad esempio, rispetto al bilancio familiare, all’accesso al credito, alla gestione delle risorse economiche e finanziarie, agli strumenti di previdenza e di investimento e, dunque, alla conoscenza dei propri diritti in campo economico, rappresenta una leva fondamentale per interrompere dinamiche di dipendenza economica, che, spesso, si intrecciano con forme di violenza domestica o di esclusione sociale, e per evitare situazioni di rischio, a volte, anche gravi, quale quella del ricorso all’usura.

In tale prospettiva, dunque, i Centri per la famiglia, anche con il sostegno e il contributo del terzo settore, possono costituire punti di riferimento per la prevenzione e la gestione delle difficoltà economiche e di disagio sociale dei nuclei familiari, attraverso l’attivazione di percorsi integrati di educazione digitale, economica e finanziaria, nonché di consulenza sul debito, coordinati dal Family Welfare Manager.

Tali percorsi, auspicabilmente, sono da configurarsi come un servizio di assistenza multidisciplinare – legale, sociale e psicologica – rivolto alla persona e/o alla famiglia, con l’obiettivo di fornire risorse e mezzi concreti per affrontare situazioni di vulnerabilità economica e prevenire forme di eccessivo indebitamento e di violenza economica, anche di genere.

In questo contesto, un ruolo centrale è svolto dall’attività di informazione e orientamento, finalizzata a far conoscere alle famiglie gli strumenti normativi e giuridici esistenti, favorendo un accesso semplificato e consapevole alle misure previste dalla legislazione vigente, nonché alle vie stragiudiziali o giudiziali, quali, ad esempio, le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, disciplinate dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

I servizi, svolti dal terzo settore, mirano non solo a favorire l’uscita dallo stato di crisi o insolvenza in modo dignitoso ed ordinato, ma anche a promuovere un’autentica “riabilitazione” economica e sociale, restituendo alla famiglia piena autonomia e capacità progettuale all’interno del proprio contesto di vita.

Tutto ciò concorre, al contempo, a incrementare l’efficacia delle politiche familiari stesse.

Infatti, interventi e misure come bonus, assegni o incentivi – in assenza di un orientamento personalizzato e di interventi di accompagnamento, da parte degli operatori professionali coinvolti nel supporto alla famiglia – rischiano di essere assorbiti nella gestione di debiti pregressi, snaturando così la loro funzione originaria, volta soprattutto a promuovere la natalità, l’educazione e la qualità della vita familiare.

In conclusione, il Piano nazionale per la famiglia 2025–2027 segna un passo decisivo verso un rinnovato modello di welfare familiare, che riconosce nella famiglia il nucleo fondamentale della società.

Attraverso il coinvolgimento diretto del terzo settore e una solida cooperazione tra istituzioni, enti e comunità locali, il Piano mira a creare le condizioni indispensabili per uno sviluppo sociale ed economico sostenibile, promuovendo stabilità, benessere diffuso e una prospettiva di crescita duratura per le generazioni presenti e future.

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