L’Evoluzione nel tempo degli Investimenti Responsabili

Di Laura Nateri
Head of Italy, Lazard Fund Managers

L’importanza di un approccio responsabile agli investimenti fonda le sue radici ben prima del nuovo millennio. Sin dai tempi biblici alcune religioni introducono il divieto di investire in attività considerate non etiche, come alcol, scommesse, pornografia e tabacco, aprendo la strada a quello che adesso chiamiamo approccio SRI, Social Responsible Investing. Sempre di matrice religiosa la condanna della Chiesa medioevale nei confronti dell’usura, sancita dal Secondo Concilio Lateranense nel 1139 e, a partire dalla metà del 1600, il movimento dei quaccheri, nome con cui è conosciuta la Società degli Amici, contro la guerra e la schiavitù. I quaccheri furono la prima comunità cristiana a contrastare la tratta degli schiavi, gettando le basi per un cambiamento della coscienza collettiva culminato all’inizio del 1800 con lo sviluppo dell’abolizionismo. Nel XX secolo, dopo la grande guerra, diversi movimenti per i diritti umani e contro la guerra guidano passi importanti per lo sviluppo sociale ed economico. La storia politica del Sudafrica offre un esempio suggestivo dell’uso del disinvestimento come arma efficace per mobilitare il cambiamento sociale.  A partire dagli anni ’60, le proteste guidate dagli studenti sudafricani e americani – che chiedono alle loro università e alle istituzioni di uscire dai business e dalle attività legate al governo sudafricano sostenitore dell’apartheid – generano una mobilitazione di massa che porterà nell’84 all’avvio della revisione dell’apartheid, conclusosi nel ’91 dopo la liberazione di Nelson Mandela. Il 1900 va anche ricordato come il secolo del riconoscimento, almeno formale, di pari diritti per le donne rispetto agli uomini. Una rivoluzione che avuto il suo apice negli anni ’70, aprendo la strada a una maggiore inclusione sociale ed economica delle donne. Tema ancora di grande attualità, ampliato in questo nuovo secolo alla “gender equality”, uno dei 17 SDG, obiettivi su cui lavorare per l’Agenda per uno sviluppo sostenibile. Sempre all’inizio degli anni 70’ le crisi petrolifere accendono i riflettori sui rischi ambientali e sulla necessità di limitare gli sprechi per garantire la sostenibilità delle risorse naturali. Sono diversi i movimenti ecologisti e le campagne contro l’inquinamento, ma ci sono voluti una serie di disastri ambientali negli anni ‘80, come lo scoppio del reattore nucleare di Chernobyl, il disastro chimico a Bhopal, l’incidente della petroliera Exxon Valdez in Alaska, per mettere la E di Environment al centro dell’opinione pubblica e arrivare nel 1997 al protocollo di Kyoto, trattato internazionale in materia ambientale riguardante il surriscaldamento globale. Accordo entrato in vigore nel 2005, ratificato da 191 Paesi, tra cui però mancano ancora Stati Uniti e paesi in via di sviluppo come Cina, India e Brasile. Anche il  Climate action fa parte degli SDG ed è diventata una delle grandi sfide del nuovo Millennio. L’approccio ESG nasce proprio negli anni 2000 per ampliare il tema degli investimenti socialmente responsabili, fino a quel momento perseguiti con l’esclusione di alcune industry/settori dall’universo investibile, a un visione olistica dei fattori ambientali, sociali e di governance che cominciano a essere integrati a diversi livelli. Nel 2006 le Nazioni Unite lanciano i PRI, Principle fpr Responsible Investiment, con l’intento di favorire la diffusione dell’investimento sostenibile e responsabile tra gli investitori istituzionali, che sono chiamati a sottoscrivere e rispettare l’applicazione degli stessi. Da allora i firmatari sono oltre 1200 tra investitori, società di gestione del risparmio e fornitori di servizi e si sono impegnati a incorporare le tematiche ESG nell’analisi e nei processi di investimento, nelle proprie politiche e pratiche aziendali, nel ricercare trasparenza su questi fattori nelle controparti, nel promuovere la responsabilità sociale nell’industria, nel cooperare su questo fronte e documentare le attività e i progressi. L’attenzione sulla corporate governance diventa negli stessi anni un fattore chiave per limitare i rischi economici e reputazionali, emersi durante e dopo le crisi e gli scandali finanziari a cui abbiamo assistito dall’inizio del Nuovo Millennio. L’engagement e la stewardship degli investitori nei confronti delle società sta cambiando il modus operandi di diversi settori chiamati a rispondere ad esigenze di innovazione e ricerca coerenti con uno sviluppo sostenibile. Una storia lunga, dunque, quella dell’universo ESG che nel 2015 ha compiuto un nuovo passo, con la definizione degli SDG, Sustainable Development Goals: dalla adesione ai 6 principi all’approvazione dell’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, il cui fulcro è il perseguimento di 17 obiettivi che mirano a disegnare un futuro migliore e più sostenibile.

There is no business case for enduring poverty. We have an opportunity to unlock trillions of dollars through new markets, investments and innovation. But to do so, we must challenge our current practices and address poverty, inequality and environmental challenges. Every business will benefit from operating in a more equitable, resilient world if we achieve the Sustainable Development Goals.”

(Paul Polman, member of the Leadership Council of the Sustainable Development Solutions Network)

The Evolution of Responsible Investments

Themes ESG

What’s next….SDG